La “Mensa”

L'Ospitalità – La Mensa

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Gli amici più anziani di don Luigi si ricordano l'ospitalità della sua famiglia. In quella casa "al Rongio", con numerosi figli da allevare e in tempi non ancora di abbondanza e consumismo, chiunque bussasse alla porta era invitato a sedersi a tavola se già era imbandita, o a fermarsi se l'orario non era ancora quello giusto.

E la vita del don ha fatto di quell'ospitalità un programma di vita. Fin dai tempi dei primi giorni al "casermone", la "mensa" aperta a chiunque ne avesse bisogno o piacere è stato un impegno irrinunciabile e distintivo della vita di don Luigi. Nei primi tempi era lui il factotum, furiere e cambusiere, cuoco e aiuto cuoco, caposala e cameriere al tempo stesso, sempre l'ultimo a sedersi e solo dopo che anche l'ultimo degli arrivati era servito e soddisfatto.

Poi arrivano i primi collaboratori in questo settore, donne dello stesso casermone che dedicano un po' del loro tempo ad aiutare questo prete che dimostra di aver appreso a fondo gli insegnamenti di mamma Edda e che allunga sempre più la tavola di casa sua fino a farne l'arredo principale affinchè non capiti mai che qualcuno non vi trovi posto. Queste collaboratrici della prima ora, la Corina, la "nonna", la Liliana e tante altre sono ormai con lo stesso don Luigi nella casa del Padre.

Ad un certo punto arrivano anche le suore di Loreto ed in particolare l'indimenticabile suor Fernanda che lo accompagnano nell'impegnativo  passaggio dal "casermone" alla nuova "casa".

Poi ancora innumerevoli donne che hanno donato un'infinità di mattinate perchè alla "casa", chiunque arrivasse, trovasse qualcosa da mettere nello stomaco. Donne generose e fedeli all'impegno che permettevano al don di dedicarsi ai sempre più numerosi impegni all'interno e soprattutto all'esterno e a volte molto lontano dalla "casa", Cuoche competenti e capaci, ben contente però se, potendo rientrare qualche volta un po' prima di mezzogiorno, il don stesso indossava ancora una volta il grembiulone e confermava sotto i loro sguardi compiaciuti la sua maestria ai fornelli ereditata da mamma Edda, che nell'affettuoso gergo della casa tutti ormai chiamavano "mammut". Quando "mammut" arrivava in visita alla casa (non molto spesso perchè al Rongio c'erano sempre altri ospiti da servire) la cucina era percorsa da un fremito, l'atmosfera era percorsa da un brivido di emozione e di elettricità da grandi occasioni, come quando un generale arrivava ad ispezionare un reparto avanzato. E quel giorno qualunque fossero gli ingredienti messi in gioco all'inizio della mattinata, i commensali a mezzogiorno e dintorni trovavano sempre qualcosa di "speciale".

 P1030528Anche le attrezzature si adeguano, proprio alla "casa" compaiono le prime attrezzature "alberghiere perchè il numero dei commensali tra "interni" ed "esterni" alla "casa" è sempre ormai superiore alla cinquantina. Don Luigi, se solo gli orari degli impegni glielo permettono, non rinuncia a "servire" la "sua famiglia". Alla "casa" compare il mitico "carrello" delle vivande che a volte sembra collassare sotto la varietà e la quantità di vassoi e don Luigi anche in questa versione di cameriere dimostra di essere speciale, raramente capita che qualche commensale non possa essere accontentato fin nei minimi particolari e nei gusti personali che il don conosce bene… Negli angoli dei vassoi si trova sempre qualche "boccone riservato e personalizzato" per ognuno dei commensali…

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Al casemone s'era quasi esaurita l'ondata degli ospiti della prima ora, quasi tutti con problemi di dipendenza alcolica, ed era iniziato il periodo dei ragazzi senza famiglia o con problemi di abbandono a causa di dipendenze e problematiche varie. Alla "casa" inizia poi anche il tempo degli immigrati. Don Luigi accoglie tutti e non ha nessuna difficoltà a creare menu accettabili dai primi musulmani che per vie diverse arrivano a chiedere ospitalità o aiuto alla casa. Le radici sono sempre quelle della cucina parmigiana ereditata da mamma Edda. ma i rami ed i frutti sanno adattarsi ad un mondo che inizia davvero ad essere "globalizzato". Don Luigi è un precursore vero della globalizzazione di cui tanti oggi si riempiono la bocca, la sua globalizzazione nasce in un cuore che cercando di vedere Gesù in ogni volto che incontra non ha difficoltà ad assumere davvero le dimensioni dell'umanità intera come orizzonte del proprio sentire ed agire.

E la "mensa" su quel tavolo sempre più lungo è forse il momento principale di questa globalizzazione dell'amore e della bontà di cui don Luigi è stato alfiere semplice ma convinto e convincente.

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Poi arriva quel tragico dicembre 2006 con una diagnosi che lascia poche speranze  ed il ferale gennaio 2007 in cui gli occhi di don Luigi si chiudono alla realtà di questo mondo per entrare nella "casa del Padre"., Don Luigi si è preparato per una vita a quel momento e non vi è certo giunto impreparato. Chi è impreparato a questa prematura perdita sono i suoi collaboratori a cui viene a mancare improvvisamente la sua guida semplice ma sicura. Nei mesi successivi tante cose nella realtà di quell'opera che tutti ormai chiamano col nome del quartiere, "aravecchia" appunto, ma intendendo con questo nome colui che l'ha messa in piedi insieme alla Provvidenza Divina con un impegno tenace e spesso eroico giorno dopo giorno, sembrano scricchiolare o interrompersi.

Ma la mensa, forse perchè è nata con l'arrivo stesso di don Luigi all'Aravecchia ed è sicuramente la realtà più collaudata e longeva, non sembra risentire di queste turbolenze e continua miracolosamente a funzionare grazie all'impegno di alcune volontarie che in certi casi percorrono chilometri per venire regolarmente a portare il loro contributo.

Si adeguano ancora una volta le attrezzature della cucina e delle pertinenze seguendo le più recenti indicazioni di legge nel settore, e giorno dopo giorno il "carrello" continua, grazie all'impegno umile ed anonimo di molti, a sfornare il contenuto per riempire il piatto di quanti si presentano regolarmente od occasionalmente all'appuntamento.

Sono passati gli anni, è arrivata la crisi, non ci nascondiamo le sempre crescenti difficoltà, eppure siamo convinti che da lassù don Luigi continui a vigilare che, a mezzogiorno, ci sia qualcuno che cinga il grembiule che fu suo e che sul carrello ci sia la quantità di cibo sufficiente ad accontentare i commensali fino al fondo del lungo tavolo. E questo ancora per innumerevoli anni…

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