L’ultimo saluto a Haruyo Takada

L’ultimo saluto a Haruyo Takada

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Gioved & igrave; 16 maggio  un folto gruppo di amici e conoscenti ha partecipato nella chiesa di san Pietro Apostolo dell’Aravecchia all’ultimo commiato del funerale cristiano di Haruyo Takada, una delle storiche ospiti della Casa di don Luigi.

Haruiyo era giapponese, nata nel 1961 ad Hamamatsu, ed era giunta nel nostro paese in gioventù per seguire la sua vocazione musicale che aveva iniziato a sviluppare nel suo paese con studi a livello universitario nella città di Kyoto. Era una cantante lirica dedita all'insegnamento ed all'educazione musicale. Per una cantante lirica l'Italia è il paese di elezione ad anche Haruyo ne subisce il fascino. Per qualche tempo soggiorna a Milano dove debutta al Teatro Litta nel 1989 nel "Concerto di Musica e Danza Tradizionale Giapponese".

Si era negli anni '90 ed il Concorso Viotti Vercellese aveva raggiunto una fama mondiale e probabilmente fu questo richiamo a portare la giovane giapponese nella nostra città nel 1998. Presso il liceo musicale G.B. Viotti frequenta un corso di perfezionamento di canto lirico. Tanti amici la ricordano in quei suoi esordi vercellesi, nei corsi di lingua italiana che frequentò con zelo e disponibilità tutta orientale, ai concerti e alle manifestazioni cui partecipava con entusiasmo giovanile. Numerose le esibizioni in teatri cittadini ed in località piemontesi e liguri, la partecipazione a Corsi, Seminari e Concorsi dove spesso viene premiata o riceve riconoscimenti ed attestati.

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due immagini degli esordi Italiani della giovane Haruyo

Per qualche tempo il suo soggiorno vercellese fa capo all'ospitalità delle suore di Loreto. Poi per iniziativa di suor Rosalia Morello avviene l'incontro con don Luigi. Per anni Haruyo è parte della comunità di suore di Loreto presenti alla Casa al servizio dell'opera di don Luigi divenuta un po' il simbolo ma soprattutto una concreta realtà dai molti settori e progetti dell'accoglienza cristiana in Vercelli. 

La scelta dell'Italia diviene a poco a poco definitiva proprio per la profondità dei rapporti che si sviluppano all'interno della casa ed in particolare con don Luigi che la accolse come una figlia. Don Luigi fece con lei una delle sue tante scommesse e le propose di entrare nella sua casa a portarvi la sua passione per la musica e la cultura. Compito arduo in una comunità che era partita per recuperare o almeno aiutare gli alcolizzati e che in quegli anni muoveva i primi passi nell’accoglienza delle vittime delle  nuove dipendenze delle varie droghe.

In quegli anni non si parlava ancora molto di globalizzazione, ma alla casa del don dell’Aravecchia già c’era una comunità multietnica in cui quasi tutti i continenti erano rappresentati. Non si trattava di un progetto studiato a tavolino ma di una risposta agli incontri che già allora anche le strade italiane potevano offrire. Don Luigi era vissuto per un anno in Brasile in un lebbrosario che negli anni settanta del secolo scorso era un luogo desolato e squallido. Vi aveva imparato che anche la povertà materiale più totale e desolante può condividere miracoli di solidarietà e sviluppando l’esempio dei suoi genitori portava avanti giorno per giorno quella lezione nel quartiere dell’Aravecchia ed in particolare nella sua casa.

Il compito che Haruyo aveva nella comunità non era ovviamente facile, la sua sensibilità orientale delicata e contemplativa non l’aiutavano quando l’atmosfera della casa saliva di qualche grado per scontri e contese tra i giovani occupanti. Spesso di fronte alle discussione accese che assomigliavano più a scontri che a confronti la sua sensibilità di figlia dell’estremo oriente la portava ad abbandonare, seppure con grande dispiacere il luogo delle contendere per ritirarsi a recuperare la calma e la serenità.

Intanto però a livello personale scelte ancora più profonde maturavano in lei. Il dialogo con don Luigi ed altri amici vercellesi la portano a chiedere di iniziare un percorso di catecumenato per aderire al credo cristiano ricevendo i sacramenti dell’iniziazione cristiana nella Pasqua del 2002. Lei è sempre rimasta giapponese e da giapponese trapiantata in Italia per amore del belcanto è mancata, ma dal punto di vista religioso il suo cammino l’ha portata ad aderire al cristianesimo lei che era cresciuta nello shintoismo. Acquista così una profondità particolare il suo servizio liturgico come organista e come solista di canto prestato nella parrocchia dell’Aravecchia ed in molte altre occasioni. Quante coppie sposatesi all’Aravecchia o in altre chiese in cui don Luigi ha prestato servizio, andando con la mente alla cerimonia delle loro nozze avranno tra i ricordi le note delle Avemarie di Schubert o di Gounod modulate dalla robusta voce lirica della nostra Haruyo…

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La tastiera su cui Haruyo ha suonato in tantissime cerimonie ed occasioni nella chiesa di san Pietro Apostolo

Diventando cristiana Haruyo trova anche una nuova famiglia che le apre la sua casa e che si  spende per lei fino in fondo. Sono il suo padrino e la sua madrina, Giuseppe Comito e sua moglie Teresa coi loro figli Mirella e Stefano. In giappone suo padre viene a mancare e le restano solo la mamma e una sorella, ma Giuseppe e Teresa con i loro figli diventano la sua terza famiglia, quella con cui ha condiviso gioie e tristezze, salute e malattia, progetti e difficoltà.

La disponibilità di Haruyo al servire il prossimo secondo i suoi doni si manifesta anche nei confronti dell'Associazione "Raggi di sole". Si mette a disposizione per ogni cerimonia, incontro, o circostanza, per il canto delle litanie alle messe mensili, per accompagnare all'organo le celebrazioni liturgiche. 

Ben presto però si manifestano problemi di salute di vario genere, ed inizia per Haruyo un calvario che ha affrontato con coraggio e serenità tutta orientale, ma che l’ha portata a più riprese a vere crisi sanitarie con ricoveri ed interventi…

La sua famiglia italiana l’ha affiancata senza riserve in questo percorso che nonostante l’impegno profuso l’ha portata a mancare a soli 57 anos.

La ricordiamo con affetto e la immaginiamo con don Luigi e gli altri amici che l’hanno preceduta in quella festa misteriosa ma reale che attende tutti coloro che in questo mondo hanno servito con semplicità ed umiltà il prossimo, una festa senza confini e senza contrasti, in cui ogni volto si riconosce nell’unico volto faticosamente cercato nel breve pellegrinaggio della vita terrena. Osiamo anche pensarla, insieme a don Luigi e agli altri figli della Casa, che intercede con trepidazione per il futuro della Casa in cui sono vissuti imparando a volersi bene e di cui hanno tracciato il solco, difficile ma prezioso, a noi rimasto .

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